SMARTWORKING – Strumenti di Gestione

Come creare le condizioni organizzative e gestionali che consentano al sistema di lavoro in Smart Working di essere proficuo, incrementando benessere e produttività?

Quali strumenti possono contribuire a generare le migliori condizioni per l’implementazione efficace di un sistema di lavoro Agile, con lavoratori in remoto?

Come stanno affrontando le imprese il piano di Smart Working per il nuovo anno? Cosa terranno e cosa cambieranno rispetto a quanto condotto nella fase dell’emergenza?  Lo pensano per tutti o soltanto per una parte della popolazione aziendale? E a proposito di popolazione aziendale, i collaboratori, i manager e le direzioni aziendali come hanno vissuto gli scorsi mesi?  Cosa hanno imparato? Cosa fanno ora di nuovo? quali difficoltà? Quali nuove aspettative li animano?

In un recente evento online organizzato dalla Commissione Europea dedicato all’internazionalizzazione e alla formazione, si è parlato di come il mondo sia diventato in questo tempo un piccolo villaggio.

I sistemi e le persone nelle diverse organizzazioni e paesi possono arricchirsi ora l’uno con l’altro, con una diminuita esigenza di spostamenti e viaggi ma con una più ampia possibilità di beneficiare dalla interazione fra le culture, per giovani o senior, dove la tecnologia sta velocizzando e cambiando il modo in cui le persone imparano. E’ incrementata la possibilità di formazione e di qualificazione dei collaboratori.

Come possono le imprese strutturare sistemi di Smart Working che incentivino e favoriscano questa crescita, facilitando il ricorso a queste opportunità?

L’emergenza Covid-19 è stato un fattore potenziante la cooperazione virtuale, aprendo le porte all’interazione con molti altri e al contempo risparmiare tempo ed essere più produttivi.

Certamente alcuni dicono che sono stanchi di vedersi attraverso lo schermo, affermando che i workshop online non sono così attrattivi e coinvolgenti come quelli in persona.  Ma vi sono altrettanti che la vedono all’opposto.

Una delle sfide emerse in modo evidente in questi mesi di emergenza, per le persone nelle imprese, è stato quello di non distruggere il network e le relazioni che avevano. E un altro fattore di cui gli imprenditori si sono resi consapevoli quest’anno è la necessità e l’urgenza di rivedere le attività e i processi e con questi l’allocazione delle proprie risorse.

Abbiamo condotto diversi confronti in queste settimane con imprenditori e manager sui cambiamenti nei sistemi di lavoro.

Quali le principali sfide che avvertono nell’implementazione dello Smart Working?

La conoscenza della normativa sullo smart working è al primo posto. E poi vi è l’integrazione dello smart working nella cultura aziendale, seguito dalla definizione degli obiettivi di risultato e dalla loro misurazione per adeguare il piano di SW, mappare le casistiche nelle fasce di popolazione ed infine coinvolgere e ottenere il buy-in dal vertice aziendale e dal management rispetto allo Smartworking.

Quali sono le principali preoccupazioni delle Direzioni aziendali?

Il primo fattore è il tema del distacco che viene collegato al senso di appartenenza, alla cultura aziendale, quell’elemento intangibile che fa fare la differenza. Dove alcuni imprenditori si chiedono come parlano le persone con i clienti, senza l’alimentazione quotidiana degli scambi, conversazioni meeting in azienda.

E’ questa una delle ragioni che avrebbe spinto molte aziende, dopo il periodo di lockdown a strutturare un sistema incentrato sulla maggior presenza possibile delle persone in azienda.

Ai capi è chiesto un cambio radicale nel modo di gestione dei collaboratori: molto citata la difficoltà della gestione, dello scambio e del collegamento con le persone là a distanza.

Che è collegato con il fattore della valutazione delle persone: caduto il paradigma storico della presenza, ora le imprese si chiedono come misurare oggi il lavoro/la performance, quali indicatori adottare. Dove un grosso argomento che ha suscitato molte domande riguarda la gestione dei low performer.

Già era un problema prima, ora come li trattiamo in smart working? Come li controlliamo? Come generiamo un cambio di passo?

Ad esempio una azienda manifatturiera di medie dimensioni ha deciso che lo smart working è un “premio”, di cui potranno beneficiare soltanto i meritevoli, quelli che si sono mostrati più responsabili e performanti. Gli altri, in particolare i low performer, l’imprenditore ha deciso di tenerli in azienda “così produrranno almeno il 50% grazie al controllo in presenza”.

Le imprese sono anche alle prese con i livelli di alfabetizzazione digitale dei propri collaboratori, anche tenuto conto delle diverse predisposizioni alle tecnologie (CRM/accesso a piattaforme digitali/repository di dati, eventi online o anche la semplice conduzione di web conference.

Chi li forma? Come ridurre rapidamente quei gap?

Si è ampiamente visto in questi mesi come la scarsa competenza generi resistenze (anche allo Smart Working) e vere e proprie difficoltà a contribuire al ciclo produttivo dell’azienda, dove sono cambiati radicalmente i modi di operare.

Se da una parte alcune imprese lamentano la reticenza dei collaboratori a passare in lavoro da remoto, altre hanno faticato negli scorsi mesi a far rientrare le persone. Avendo visto come quel lavorare a distanza fosse altrettanto, se non talvolta più produttivo ed efficace, ora faticano a comprendere le ragioni del ritorno alle modalità di lavoro pre-Covid.

Tutto questo richiede, da una parte, molto ascolto e dall’altra di diventare molto più efficaci nella comunicazione interna da parte dei vertici delle imprese.

Arrivano poi, qui e là, ai vertici aziendali echi di ansie, paure, particolari difficoltà che attanagliano i collaboratori che sono là in remoto. E si chiedono cosa fare per supportarli. Alcune imprese stanno mettendo a disposizione degli psicologi, dei coach, degli psicoterapeuti nel pacchetto Welfare.

Ad esempio la filiale italiana di un gruppo internazionale, ha dato corso, negli scorsi mesi, ad un programma di webinar finalizzati a “tenere alto lo spirito”, a sostenerli nelle ansie e paure raccolte attraverso una fase di ascolto, che addirittura ha generato un libro, distribuito poi a tutti i collaboratori.

Fare Team a distanza:

Vi è poi il bisogno che manager, capi e persone avvertono di fare team anche se a distanza.

Come si favorisce quello scambio, quel confronto, quel loro lavorare assieme? Un’impresa con 120 dipendenti, dove, all’inizio, imperava nella direzione aziendale la contrarietà a forme di lavoro non in presenza, dopo alcune prime settimane di assoluto disorientamento, ha organizzato un’infrastruttura di meeting quotidiani, volta a tenere collegati tutti i collaboratori.

L’azienda ha recentemente condotto un’indagine presso i collaboratori che ha dato ottimi esiti, evidenziando la forte soddisfazione di persone che prima si sentivano poco visibili e in disparte e che ora dichiarano di sentirsi molto più parte attiva dell’azienda.

E’ cambiato il concetto di spazio e di tempo, dove, quando e come facciamo le cose, ci ha detto un manager. E abbiamo sviluppato un nuovo approccio: prima se si aveva un po’ di febbre si andava stoicamente ugualmente al lavoro, ora se abbiamo un raffreddore stiamo a casa. Prima ci avrebbero guardato male se per così poco non ci fossimo recati al lavoro. Ora si sarebbe visti come degli irresponsabili.

Da dove partire, dunque?

Senz’altro dalla considerazione dei diversi tipi di organizzazione.

L’analisi del tipo di situazione specifica dell’organizzazione consentirà di scegliere l’obiettivo del piano si Smart Working, di definire criteri e priorità e di mettere a punto gli strumenti ad hoc.

Ne misureremo poi l’impatto in termini di soddisfazione, benessere e produttività.