Come attrarre un export manager? Come si integra in azienda? Come si trattiene?

Selezionare e Sviluppare sono due verbi che noi delle risorse umane abbiamo in comune con gli export manager. Loro selezionano e sviluppano mercati, aziende clienti e sono altrettanto attenti a come tenerli legati all’azienda.

Gli scenari fuori e dentro le aziende stanno richiedendo agli export manager ulteriori competenze e preparazione quanto a tattiche di approccio ai mercati e ai clienti ma anche ulteriori raccordi e vero e proprio lavoro di squadra con le altre funzioni all’interno dell’azienda.

Il nostro lavoro con le direzioni aziendali o le direzioni commerciali è quello di “disegnare” un ruolo, un profilo di export manager che, oltre che assolvere le esigenze di oggi, deve essere pronto anche a quelle necessarie domani e dopodomani. Siamo da tempo in un’era di tecnologie esponenziali e digitali, dove ogni pochi mesi si compiono attività in un tempo dimezzato. Il famoso cambiamento dunque continua ad essere una costante anche se cambia la velocità nel compierlo.

Ce l’ha quel passo quell’export manager?

Tutto ciò richiede una sempre più accurata calibrazione e progettazione delle posizioni e dei profili da inserire. E sempre maggiore attenzione al coinvolgimento e formazione degli export sales managers per supportarli in un’attività dalle mille sfide.

C’è chi segue filiali all’estero e chi è proprio il country manager in qualcuno di quei paesi. Chi sviluppa relazioni con distributori e grandi catene di distribuzione con grandi imprese.  E gli approcci ogni volta cambiano.

Come rilevarli in un colloquio di selezione?

Equilibrio Geopolitico

Pensiamo ai rischi in alcuni dei paesi, ancor più forti nel caso di chi ha spostato là anche la famiglia. Come è stato il caso a tinte fosche raccontato da un manager che a Città del Messico è stato minacciato di rapimento: gli ha fatto prendere la decisione di chiedere all’azienda di essere assegnato ad un altro paese.

Come misuriamo l’orientamento al rischio di un nuovo sales manager?

Le differenze dei diversi paesi sono da soppesare e studiare per tenerne conto quando si decide di intraprendere una selezione. Sono frequenti nelle aree commerciali le riassegnazioni dei paesi: prima seguivi il Medio Oriente ora ti assegnano la Russia e i Paesi Baltici. O prima seguivi Spagna e Portogallo e adesso ti assegnano UK e Norvegia. Sono cambiamenti da compiere con attenzione: lì potrebbero iniziare dei “mali di pancia” per l’export manager che non riesce a riconvertirsi a quelle altre culture e approcci.

Competenze oltre il commerciale

Spesso vengono richieste all’export manager competenze di marketing oltre a quella commerciale: una capacità di analizzare i mercati, i campi di applicazione dei prodotti, estrarre i target di riferimento quantitativi, saper individuare il potenziale, saper scegliere i target di aziende, le reti distributive, ecc. Come anche integrare competenze di carattere finanziario o legale. In alcuni casi viene demandato all’export manager tutti lo sforzo di riqualificare e riposizionare l’azienda presso gli interlocutori locali.

Ha le “spalle” per sostenere quel compito?

Vi è un altro tipo di equilibrio da ricercare in un export manager: quello fra approccio manageriale e approccio relazionale. Essere strutturati, precisi e organizzati lavorare con competenze di project management ed al contempo capaci nelle pubbliche relazioni, nell’adeguarle ai tempi, ritmi e riti del paese degli interlocutori per fare business.

A cosa daremo più peso in un profilo, in una persona?

Determinanti, lo sappiamo, sono i fattori motivazionali che muovono le persone che hanno scelto questo tipo di carriera, che vanno ascoltate profondamente per capire dove “poggiare” quel ruolo da export manager in quella determinata azienda, per compiere quella specifica sfida.

  • Per me il gusto è raggiungere fisicamente il cliente, il piacere di parlarci e trovare la soluzione con lui
  • Il mestiere dell’export manager è saper condurre una conversazione e avere una profonda conoscenza tecnica del prodotto
  • Riuscire è una partita a scacchi: conoscere le persone giuste sul territorio e mettere giù le pedine giuste
  • Una capacità che non può mancare? Adattabilità a mille…
  • Avere la curiosità è la chiave
  • Determinante come si raccolgono le informazioni e come si mettono assieme
  • Fare sintesi da tante informazioni e creare un executive summary, decidendo quale
  • Mi descrivono ecclettico e un po’ artista
  • Voglio crescere e allargare il mio ruolo (verticalmente, allargando la sfera di responsabilità es. su altri paesi, assumendo responsabilità di guida di persone, ecc.
  • E anche guadagnare

“E’ trovare strategie per salvarmi dallo stress la cosa più difficile” ci ha detto un altro giovane export area manager ma con già molte ore di volo alle spalle: “la sfida sta nella gestione del tempo vissuto in due parti del mondo diverse ogni uno o due mesi: il tempo presso i clienti, presso l’azienda, presso la famiglia.”

Questo giovane ha poi aggiunto: “devo garantire la vicinanza ai clienti quando di mezzo c’è un oceano… e diversi fusi orari.”

Globe trotter

Alcuni possono essere decisamente definiti dei globe trotters con un forte senso della geografia: valigia sempre pronta, aerei, alberghi e spostamenti organizzati.

La conoscenza di più lingue è un fatto comune, dove spesso qualcuna delle lingue rappresenta un vero piacere che si accompagna spesso all’amore per alcuni paesi, per la loro cultura, way of living, fattori che diventano frequentemente un atout importante per il successo. Non è infrequente che abbiano compagni o compagne, mogli o mariti o fidanzati non italiani. Come pure non è infrequente selezionare figure di madrelingua non italiana in questi ruoli, solitamente figure altrettanto ambite dalle imprese.

Spesso è evidente in queste figure professionali   la fatica e la tensione in quei periodi vissuti nei corridoi dell’azienda, alla scrivania, nei meeting, nei rapporti con la direzione, nel vivere la routine dell’azienda. Un export manager ci ha detto: “Mi sento vivo quando sono in viaggio”.

Una vita in equilibrio

È assolutamente chiaro come i risultati dell’export manager dipendano totalmente dalla sua capacità di vivere questo equilibrio: saper interpretare il momento sul campo ed al contempo sentirsi pienamente persona dell’azienda, alla quale portare dati, condividere scenari e informazioni, operare confronti per prendere le decisioni migliori. Come rilevare questo equilibrio nei candidati export manager?

Quanto forte è il rapporto del manager con l’azienda ed in particolare con il proprio capo? Quanto forte è la fiducia? e quanto è supportato quando è là fuori in viaggio? Quanto è stretto il legame con questa figura che rappresenta l’azienda e che spesso deve prendere decisioni in nome dell’azienda? È quando questo equilibrio si rompe che la relazione vacilla spesso accompagnata da emotività che fa dire: “mi sento tradito”, non sono più in sintonia con l’azienda che non mi segue”.

Se già questa ricostruzione dà la misura delle tante sfide, il driver centrale riguarda la tensione e fatica fra chi “vede “le opportunità e le deve poi tradurre per influire sui decision makers in azienda per ottenere il buy in: ad esempio sulla necessità di apportare migliorie, innovare le tecnologie, modificare il prodotto, corredarlo di documentazione, ecc.  Come influire sui decisori aziendali ottenerne il buy in e cogliere queste ulteriori opportunità?  Dunque si debbono scorgere capacità comunicative, di influenza, di presentazione dei dati, ecc.

Autonomia e Self confidence

È una figura che tende ad avere forte autonomia di giudizio e forte self confidence, una figura peraltro che può essere soggetta ad “ascoltare le sirene del mercato del lavoro.”

È un professionista che seleziona e valuta sulla base del tipo di clienti e l’offerta di prodotti e dei servizi dell’azienda. Negli ultimi incontri di selezione, gli export manager valutavano l’azienda rispetto al progetto di business development, se era chiaro e definito. Valutano la dotazione di strumenti “all’avanguardia” (es. sistemi CRM, webconferencing, smartworking, ecc.), se il prodotto è “di valore”, la rapidità di risposta che si ha in azienda. Si confrontano fra colleghi, si sentono con collaboratori nell’azienda che stanno valutando, raccolgono informazioni. Come uno ha detto: “Valuto se l’azienda è un fattore facilitante o è una palla al piede”.  Spesso sanno “leggere” le scelte dell’azienda: investimenti, capannoni, acquisti o cessioni di altre aziende, ecc.  Sono sensibili a come comunica fuori l’azienda.

Selezionano il proprio capo”: ad un export manager recentemente era piaciuto il capo che lo aveva assunto. Era il figlio di un imprenditore. Poi una volta entrato in azienda il senior non lasciava spazio di autonomia al figlio che poteva decidere poco e così quel manager ha deciso di andarsene.

Valuta anche come l’azienda e il capo comunicherebbe con lui o lei: se non gli si è “venduta” bene l’idea, gli obiettivi, le scelte, fatica a difendere le posizioni dell’azienda.

In generale a loro piace vedere l’azienda as a whole, per intero: ne vendono l’immagine, il prodotto, organizzazione compresa.

Ne emerge un ritratto di persone spesso ambiziose, scalpitanti, dinamiche, relazionali, talvolta di idealisti e visionari, coloriti viaggiatori.

Come alimenteremo il loro entusiasmo e ambizione? Come li terremo legati all’azienda?