I Giovani e l’Export Management

Opportunità, competenze, capacità e ruoli nell’export management sono state sviscerate durante gli interventi dei relatori che si sono susseguiti durante l’Evento Export Management presso l’Università degli Studi di Verona.

E in futuro? i giovani come guardano a questo tipo di carriera? Può rappresentare per loro un’opzione?

Ne ha parlato il dott. Marco Parolini, job trainer e orientatore a Trento nei percorsi di carriera per i giovani neolaureati.  

Il caso della ragazza, che recentemente aveva avuto un’offerta di lavoro da un’azienda per un lavoro nel Marketing è emblematico. Una volta concordata la data di inizio, il responsabile dell’azienda ha detto alla ragazza: “Il primo giorno sarà lunedì. L’orario inizia alle 8,30.” Quella ragazza ha risposo al datore di lavoro: “Non posso iniziare a quell’ora: io vado a correre la mattina e non faccio in tempo per le 8,30”.

Come sta dunque cambiando il mondo del lavoro?

I giovani che si preparano ad intraprendere un percorso professionale si allenano su tre aspetti:

  • la crescita di sé
  • la relazione con gli altri
  • la comprensione di come sta funzionando il mondo

Analizzando ciò che ha caratterizzato le diverse generazioni Baby Boomers, X, Y, Z, se la generazione dei nati dal 1945 al 1960 il loro rapporto con il lavoro era caratterizzato dall’esigenza di sussistenza ed emancipazione, quelli dal 1960 al 1985 hanno cercato auto realizzazione. Per i nati dal 1985 al 2000 ciò che guida è il piacere delle esperienze, dove il lavoro appare più un corollario e non necessariamente la via per raggiungere quel piacere.

Il dott. Parolini ha poi tratteggiato alcuni delle più tipiche situazioni incontrate, come ad esempio il caso di Daniela che non amava lavorare stando alle regole di un’organizzazione. Non voleva vincoli quali ad esempio orari di lavoro spirava a poter viaggiare e potersi muovere, avere più tempo libero per sé e per la famiglia.

Un lavoro per la vita

Siamo sicuri che i giovani vogliano un lavoro per tutta la vita, si chiede Parolini.

Se tutti apprezzano il contratto a tempo indeterminato, al contempo non sono preoccupati per altri tipi di contratto e soprattutto non sono preoccupati di dover poi cambiare.

Gli osservatori peraltro testimoniano come la permanenza media dei giovani neo assunti sia di 2,5 anni.

Avere tanti giovani in azienda è avere tanta creatività e capacità di innovare. Come fare se restano poco e non vogliono impegnarsi nel lungo periodo? Peraltro hanno aspettative altissime verso esperienze e riconoscimenti nel breve periodo. Hanno molta fretta e impazienza: “Se non ottengo nel breve periodo quello che mi interessa vado da un’altra parte”.

Aspettative dei giovani e aspettative delle aziende

Tutto questo quanto si concilia con i tempi e gli orizzonti delle aziende?

I giovani sono sensibili ai temi dell’ecologia, dell’alimentazione, ai temi sociali, all’ambiente di lavoro e cercano aziende attente a queste tematiche.

Sono persone che hanno fatto in larga parte stage all’estero, cosa che acuisce il confronto con gli ambienti di lavoro che trovano quando rientrano in Italia, che non sempre si mostrano “al passo”. Diventano molto attenti agli aspetti coreografici: il caffè, l’open space, gli spazi comuni, la tecnologia in azienda, ecc.

Vogliono riconoscimenti nel breve periodo, quando generalmente le imprese sono abituate a dare riconoscimenti e premi in un arco temporale di alcuni anni.

Hanno bisogno di gratificazione che trovano ad esempio nei social network, dove, ad esempio i “like “ricevuti, attiva la dopamina, per cui si genera il paradosso che tutto ciò che nel telefonino significa gratificazione. Quello che è fuori ottiene altrettanta gratificazione?

Andare fuori Italia

Quanto all’estero, qual è la motivazione per i ragazzi per andare all’estero?

Certo amano collezionare esperienze per tutto ciò che le esperienze possono rappresentare compreso il desiderio di “muoversi tanto”, sapendo che “viaggiare è un piacere”.

È evidente come tutto ciò richieda alle aziende di cambiare i modi di reclutare, di gestire e di sviluppare queste giovani figure.

Cosa possono dunque porre in atto le aziende per rendere attrattive le opportunità di carriere verso l’export o altri percorsi? alcune strategie:

  • Vi è una forte esigenza di accompagnare in un percorso i giovani neo assunti, aiutarli ad acquisire una visione d’insieme del progetto.
  • Raccontare in modo efficace la missione, l’ideale per il quale lavora l’azienda
  • Progettare percorsi diversi: ad esempio se entri nel marketing poi passi al commerciale, ecc.
  • Considerare background diversi (anche giurisprudenza, scienze politiche, lettere e filosofia, ecc.)
  • Creare una academy per questa figura di export manager ai fini di creare una cultura dell’export management?
  • Intercettare le passioni di base che attraggono. Ad esempio il settore sportivo, quello dell’automotive, alimentare, abbigliamento, il mettere le mani sui pezzi meccanici, ecc.
  • Curare l’ambiente di lavoro nel quale inserire il giovane: la cultura del bello, la sfida della bellezza anche negli spazi di lavoro
  • Curare la comunicazione e la promozione di quanto fatto: “quando hai finito un’opera devi promuoverla”.
  • Osservare chi viene e chi va: a fronte di giovani che “emigrano”, vi sono quelli che vogliono rientrare e quelli di altri paesi che vogliono qui integrarsi.

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