Una carriera nelle Risorse Umane: è per persone “buone”?

Negli anni spesso ho incontrato giovani di potenziale attratti dal ruolo delle Risorse Umane. In questi casi la domanda è immancabile: “Perché vuoi lavorare nelle Risorse Umane?” La risposta più frequente è del tipo: “mi piace lavorare con le persone, formarle e aiutarle”. È la risposta giusta?

Il fraintendimento che le Risorse umane siano un’area piacevole, dove essere “buoni”, dove “si lavora con le persone” è molto diffuso e spesso porta a focalizzare e selezionare il tipo di talento sbagliato per la funzione.

Ad onor del vero, essere sensibili ed empatici è abitualmente una aspettativa ed un requisito per lavorare nelle HR.

È difficile per la maggior parte delle persone immaginare il loro partner HR come una persona senza quell’approccio di piacevolezza e sensibilità.

Ma credo che proprio su questo spesso i giovani talenti rimangano confusi. Vedono dei sensibili ed empatici HR manager o colleghi HR che considerano il loro ruolo tutto incentrato sull’aiutare le persone e così ne deducono che essere una persona sensibile, empatica, piacevole sia una qualificazione sufficiente per ricoprire la funzione.

Essere sensibili, piacevoli, empatici è di fatto solo il punto di partenza ma non è sufficiente.

Equo, non “buono”

Ne ho parlato con qualche manager HR, uno dei quali ha detto: “Nelle Risorse Umane non siamo nel business dell’essere buoni ma in quello dell’essere equi”.

Consideriamo qualche ruolo nelle risorse umane come esempio.

Ristrutturazione

Quando c’è una riorganizzazione ci sono vincitori e perdenti.

Trattare con persone che “cadono in piedi” è facile. Ma in ogni riorganizzazione ci sono quelli che perdono il loro attuale ruolo o funzione, che si demotivano o finiscono in un ruolo che a loro non piace. Queste persone meritano un processo rispettoso, corretto ed equo. Essere “buoni” non è sufficiente.

C’è stato un periodo come HR manager in cui ho dovuto gestire situazioni di riorganizzazione. Ricordo in particolare un collega che conoscevo e rispettavo ma che non aveva le esperienze e capacità adeguate per la struttura rivista. Quando lo ho informato che il suo ruolo veniva soppresso, il momento è stato difficile ed emotivamente pesante per la reazione della persona. La preparazione a quell’incontro con opzioni, alternative, molto ascolto, proposte di supporto, un’intervista in uscita, l’elaborazione di una strategia di comunicazione ai colleghi, ecc. sono state il cuore di quella difficile gestione. Un anno dopo lo ho incontrato in un negozio: Mi ha salutato con trasporto informandomi che era riuscito a trovare un bellissimo lavoro, ringraziandomi per avergli reso possibile trovare quella posizione. Era stata una esperienza gratificante anche se non sempre aveva funzionato così bene in altri casi.

Comunque sia si tratta di garantire ai collaboratori dignità e rispetto.

Selezione

Ci sono poche cose che soddisfano come poter dire a qualcuno che è stato scelto per quel lavoro cui aspiravano. Sfortunatamente per ognuno che ottiene una assunzione, vi sono molte altre persone che ne sarebbero stati attratti ma che non vengono scelti.

Non è proprio divertente dare quelle notizie. Ma dare valore a questa comunicazione alle persone coinvolte è un altro chiave.

Compensation

Si tratta di compensare le persone per quello che è il valore della funzione, in quel contesto organizzativo, in quella politica retributiva, non solo per quello che chiedono. Questo spesso causa disaccordi e frizioni.

Gli specialisti HR devono imparare ad illustrare fatti e realtà non solo ai collaboratori a tutti i livelli ma spesso anche ai loro manager che frequentemente pensano che si dovrebbe compensare di più le persone. Qualche volta si danno notizie positive a tale riguardo, altre volte si tratta di trovare modi per mantenere l’integrità nella struttura della compensation e l’equità esterna e interna.

Talent management

Ha a che vedere con l’identificazione e la valorizzazione dei talenti top e nell’investire su quei talenti in modo sproporzionato. Dare quella informazione agli individui selezionati senz’altro è molto piacevole.

Ma per ogni top talent ci sono molti altri che hanno dei diversi talenti e l’ HR deve motivare perché si sono fatte quelle differenze anche retribuendo in modo sproporzionato.

Formazione e Sviluppo

Ha a che vedere con l’offrire alle persone il training di cui hanno bisogno come ruolo o come funzione o come appartenenza da un gruppo in azienda, più che quello che li attrae in generale ad esempio per il prestigio di partecipare ad un determinato tipo di corso.

Relazioni sindacali

si tratta di assicurare un ambiente positivo ed equo, non solo di rendere tutti felici.

Lavorare sulla Cultura

E’ creare un forte ambiente di lavoro efficace, dove vi siano opportunità di crescita, non di creare un ambiente dove si sta bene. Efficace e piacevole non sono sinonimi.

Il lavoro di un HR può senz’altro essere soddisfacente, appassionante, divertente.

Se fatto bene è un lavoro difficile.

Avevo incontrato un HR manager, da poco in quella posizione, che aveva incominciato la carriera come ingegnere aeronautico. Passato poi all’area finanziaria ora lavora in HR.

Gli avevo chiesto come era avvenuto il suo passaggio alle Risorse Umane e quali considerazioni ne facesse. “Sono stato sorpreso su come sia difficile lavorare nelle Risorse Umane: molto di più che disegnare aerei che non cadano”.

Empatia e assertività è la chiave

Credo che i professionisti HR abbiano bisogno di empatia. Capire e prendere in considerazione come le persone si sentano. Devono fare il lavoro, talvolta duro, che scaturisce dalle esigenze del business e della organizzazione. Ma farlo con empatia, al contempo con assertività e chiarezza, supportando i leader nell’essere empatici e assertivi a loro volta, fa la differenza.

Dagli HR ci si aspetta che siano quelli che danno le notizie difficili e feedback critico o che aiutino gli altri leader a dare quel feedback in modo empatico e diretto.

Equilibrio

Come professionisti HR dobbiamo mantenere tutto in equilibrio. L’equilibrio è critico: si viene tentati di scivolare nel dire solo le cose facili e buone per evitare di fare il lavoro difficile e dire le cose in modo diretto e fermo. È importante fare un profondo respiro e tenere tutto nella giusta prospettiva.

Mi è piaciuto il mio lavoro di HR non perché si trattava di “essere buoni” ma per la soddisfazione di aiutare l’azienda a raggiungere i suoi obiettivi attraverso il suo capitale umano. E’ strategico ma anche un’arte che si raffina nel tempo. Supportare le persone e vederle crescere è grande. Ma aiutare e vedere l’azienda crescere attraverso le sue persone è perfino più importante e soddisfacente.

Se qualcuno vuole intraprendere la carriera in HR, si assicuri di sceglierla per le giuste ragioni.

Se già qualcuno dei lettori lavora nelle Risorse Umane, raccolga le energie, mantenga la prospettiva e la barra diritta focalizzando quello che è più importante. Abbia empatia ma faccia la cosa giusta non avendo paura di dare i messaggi critici.

Se non siete in nessuna delle due situazioni sopra, rivolgete un pensiero al vostro partner HR in azienda e datagli un sincero segno di apprezzamento per quello che fa.